CHIESA CAMPESTRE “Santa Maria Maddalena”
GUAMAGGIORE
La chiesa campestre intitolata a Santa Maria Maddalena è posizionata sulla sommità di una collina a sud-ovest rispetto all’attuale centro abitato di Guamaggiore, in posizione periferica, di fronte alla chiesa di impianto romanico intitolata a San Pietro.
Il colle su cui sorge la chiesetta prende il nome dalla devozione popolare a Santa Maria Maddalena, compatrona di Guamaggiore.
La fabbrica, immersa in un’area di recente rimboschimento, nota come pineta di Santa Maria Maddalena, si eleva su un interrazzamento naturale che dall’alto della collina guarda ai paesi limitrofi (Ortacesus, Guasila, Selegas).
La frequentazione del sito, attestata a partire dall’età nuragica, trova riscontro anche nelle fondamenta della Chiesa realizzate con materiale di spoglio nuragico e, come affermano le fonti documentarie, la stessa chiesetta risulta ubicata sulle rovine di un nuraghe.
Dalle fonti documentarie (il Dizionario di Goffredo Casalis) risulta infatti che la fabbrica di Santa Maria Maddalena fu eretta sulle rovine di un nuraghe. La realizzazione dell’impianto architettonico risale forse agli inizi del XVIII secolo.
L’edificio presenta all’esterno una facciata a capanna, dal paramento murario liscio nella quale si apre il portale d’ingresso sormontato da un architrave in conci di trachite.
I prospetti laterali sono costituiti da uno zoccolo inferiore in cemento e da una parte superiore in pietra a vista.
Il piano di facciata è preceduto da un loggiato in nartece che, impostato su travi lignee e cannucciato, è sostenuto da quattro piastrini in trachite.
A coronamento della facciata svetta un piccolo campanile a vela merlato.
L’interno presenta un ambiente a navata unica con copertura lignea a capriate.
Due finestrelle poste lungo il prospetto laterale sinistro e in quello posteriore rappresentano le uniche fonti di luce diretta.
Nel lato destro dell’aula è tuttora custodito il basamento e parte di un fusto di una colonna strigliata in arenaria scolpita. La colonna (forse del XIII secolo) è di fattura artigianale sarda realizzata come basamento per un’acquasantiera e propone il motivo decorativo a strigile (scanalatura ondulata) proprio della tradizione romanica.
Durante l’ultimo restauro, oltre a resti umani, è stato rinvenuto un pozzo circolare con imboccatura di circa 70 cm, realizzato a filari di pietre degradanti verso l’alto non lavorate o appena sbozzate.
Il suggestivo scenario del piazzale antistante la chiesetta, oltre ad ospitare il 22 luglio i festeggiamenti in onore di Santa Maria Maddalena (sagra a cui un tempo era abbinata una piccola fiera), funge spesso da palcoscenico a varie manifestazioni ricreative e culturali.
Nell’estate del 1999, durante i lavori di restauro della chiesetta, sotto il pavimento della chiesa alcuni operai comunali scoprirono un pozzo per il rifornimento idrico.
Ignari dell’antichità della struttura, asportarono il deposito che la riempiva per una profondità di circa tre metri.
Segnalata la scoperta alla Soprintendenza Archeologica, venne decretata l’interruzione dei lavori e l’avviamento di un’indagine di scavo.
Il cantiere ebbe inizio nel mese di giugno 1999 e terminò nel dicembre 2000.
Il pozzo attualmente è asciutto. Si trova a 223 metri sopra il livello del mare. E’ scavato nella tenera marna (pedra moi) per una profondità di 8 metri circa.
E’ rivestito per m. 1,60 con un paramento di lastre a pezzatura irregolare di arenaria dura (coru murau) disposte in filari orizzontali piuttosto regolari e aggettanti verso l’alto. Ha forma pressochè bitroncoconica, con un diametro di m. 0,68 nella parte sommitale residua; si allarga fino a m. 1,95 a circa tre quarti della sua altezza; si restringe di circa 50 cm nel fondo.
Nel riempimento residuo, a partire dalla quota -2,943 m., sono state individuate 19 unità stratigrafiche, riconducibili a 8 diversi depositi. Il primo è pertinente alla fase di ristrutturazione della chiesa. Il secondo è probabilmente contemporaneo alla sua edificazione. Segue un deposito argilloso, apparentemente di origine naturale, che separa nettamente gli strati di età storica da quelli preistorici. I depositi dal 4° al 7° sono da riferire ad un’unica fase dell’età nuragica. Il deposito 8, argilloso, di origine naturale, è il risultato del disfacimento della parete rocciosa.
Negli strati 4-7 è stata rinvenuta una grande quantità di manufatti di età nuragica, in terracotta, pietra e osso: scodelline, ciotole, cocci, coppe di cottura, macine.
Il contesto materiale restituito al pozzo si può inquadrare tra la metà del XIV secolo e la metà del XII secolo a.C. e cioè nel Bronzo Recente.
Non è facile stabilire il momento della costruzione del pozzo, ma gli studiosi propongono una datazione compresa tra le fasi finali del Bronzo Medio e il Bronzo Recente.
L’area fu frequentata anche in tempi successivi. All’interno e all’esterno della chiesa sono state individuate tracce di sepolture riferibili ad età punica e romana.
Si fa risalire al momento della costruzione della chiesa la spoliazione di alcune sepolture antiche e l’accumulo di crani, privati del corredo, entro una fossa scavata nella marna, lungo la parete lunga settentrionale dell’edificio chiesastico.
Nel pavimento roccioso presso la parete opposta della chiesa, una terza fossa poco profonda accoglieva due scheletri incompleti.
I depositi che riempivano le fosse con resti umani sembrano essere contemporanei allo strato 2° del pozzo.
(fonte: Arch. Gianfrancesco Canino – Direttore del cantiere di scavi del 1999/2000 per conto della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Sardegna).